Porsi obiettivi ambiziosi è un modo per mettersi alla prova e testare le proprie capacità. Una sfida di questo genere risulta sicuramente stimolante e presenta, in aggiunta, anche una dimensione formativa: attraverso il compito sfidante si impara a conoscersi, a riconoscere le proprie abilità, a gestire le risorse individuali in vista di un obiettivo specifico.
Non sempre, però, queste esperienze portano principalmente con sé dei benefici. Può accadere infatti che si sperimenti un elevato timore di fallire, il quale porta ad imporsi degli standard di prestazione particolarmente elevati (se non addirittura irrealizzabili) per mostrare di essere in grado di farcela: si mettono perciò in gioco tutte le risorse personali disponibili senza risparmiarsi, nella prospettiva, poco efficace, del “tutto ed ora”.
Ciò caratterizza il perfezionismo clinico, ovvero quella condizione in cui ci si impone il raggiungimento di obiettivi particolarmente complessi con una performance quanto mai perfetta; non solo, la visione perfezionista spesso viene applicata anche nel giudicare le prestazioni degli altri, che risultano quindi sempre inadeguate rispetto ai propri standard (perché nessuno di noi è perfetto!). La ricerca di una continua perfezione è sicuramente una situazione molto stressante, che può trasformare un’esperienza potenzialmente formativa in un evento fortemente ansiogeno.
Ecco come fronteggiare e ridimensionare la tendenza al perfezionismo.
1. Imparare a conoscersi e ad accettars
Nessuno è perfetto, ma ognuno possiede una personale combinazione di punti di forza e di debolezza. Per vincere l’atteggiamento perfezionista, può essere utile riflettere sulle proprie abilità, identificandone e valorizzandone le potenzialità e accettandone, invece, i limiti.
2. Scomporre gli obiettivi ambiziosi in sotto-obiettivi
Il perfezionista si pone spesso obiettivi al limite (se non addirittura al di sopra) delle proprie reali capacità. Puntare ad un risultato importante può causare molta ansia, danneggiando il benessere psico-fisico individuale. Una strategia utile può essere quella di scomporre l’obiettivo in una sequenza di più sotto-obiettivi, ciascuno dei quali risulta più facilmente raggiungibile e segnala, in modo graduale, gli sforzi compiuti verso la meta finale.
3. Non giudicarsi solo in base ai risultati ottenuti
Ogni individuo possiede valore in sé, un aspetto che non può meramente essere riassunto nei risultati della sua attività. Sappiamo bene che l’esito finale di un dato compito dipende solo in parte dalle proprie abilità e sforzi (molti altri fattori entrano in gioco, quali il contesto, il caso, l’influenza delle altre persone,..). Ecco perché è importante attribuire a sé stessi un giudizio che sappia riassumere tutta la nostra esperienza umana e le caratteristiche personali che vengono messe in gioco quando ci si impegna nelle diverse attività.
4. Accettare l’imperfezione (anche negli altri)
Se riconosciamo di non essere perfetti ma umani, perché non concedere anche agli altri la possibilità di sbagliare? Fondamentale è accettare le persone nella loro individualità e non giudicarle per le loro prestazioni.
5. Vivi gli errori come un’opportunità per imparare
“Errare humanum est”, affermava un motto latino. Se sbagliare è inevitabile, perché non utilizzare questa esperienza per rivedere, correggendo, la nostra prestazione e migliorarci nell’ottica di affrontare nuovi compiti in futuro?